Sei bellissima

Non ho più confidenza con la struttura del blog, in generale scrivo pochissimi racconti e molte poesie, preferisco postarle sui social o sognare di pubblicarle su carta, e per sfogarmi uso post episodici e storie volatili. Ma sono in periodo declutter e ho bisogno di distendere qualcosa che i pochi caratteri di Livellosegreto non possono contenere, anche se non sarà profonda.

Un tempo cambiavo spesso la foto profilo di WhatsApp perché aspettavo il momento (e arrivava sempre) in cui mi avresti scritto che sono bellissima.

Parole classiche, usate e abusate, tubini neri, foto nude di schiena, Chanel numero 5: ho la nausea di sentirmele dire dagli uomini, mi definiscono da prima che mi trovassi passabile io stessa, ma dette dalla persona giusta nel modo giusto ci volevano proprio, e il tuo modo era gratuito, puro ed entusiasta, era fiero, e tu eri l’unica genitrice, quasi l’unico membro della famiglia, a dirlo in quel modo.

I miei genitori biologici hanno temuto il mio corpo e provato a contenerlo, silenziarlo, coprirlo, entrambi.

Lei perché aveva paura del suo, perché non l’ha mai amato abbastanza, pur essendo la più bella del mondo, essendo nata dritta e potente quando io ero gracile e storta (sghignazzo quando qualcuno sproloquia sulla mia bellezza naturale: ci sono dentro ortopedia, logopedia, sport detestato ma prescritto, plantari, ortodonzia, sofferenza, piaghe, persino la psicanalisi per far cessare gli effetti collaterali dell’anoressia sull’estetica facendo cessare l’anoressia, in ultimo un vezzo, le lentiggini tatuate. Con mia madre sono sempre stata Yennefer di Vengerberg che conosola Cirilla).

Dopo anni passati a trascurarlo ha troncato una relazione malsana, scoperto il piacere delle camminate e ricevuto due retine artificiali e, per la prima volta in vita sua, dieci decimi di vista, allora è tornata bellissima perché si guardava e prendeva cura di sé, ma l’ha interpretata nel modo sbagliato, crede di essere bella solo perché è più magra.

Di conseguenza anche io sono bella solo perché magra, e se mangerò le cose sbagliate agli orari sbagliati mi sfascerò il metabolismo, e allora poi

(fine della frase nel vuoto, spazio nero precipitato, sipario sull’angoscia).

Mio padre perché ha paura di tutto ciò che è femminile, perché suo padre era relegato nell’androiceo, dove ammetteva i suoi studenti e lui in un modo precluso alle donne, perché le donne di casa non lo amavano abbastanza, perché sua madre aveva solo un rivolo d’amore da dare, sempre minacciato dalla siccità, e lo stesso rivolo è rimasto a lui.

Mi ha detto che ero bella solo poche volte, in una dinamica precisa. Mi portava in ambienti di filosofi, politici, persino di un mandante di stragi terroristiche, tutti suoi coetanei, stava a guardare come reggevo intellettualmente il passo e a quel punto, una volta ottenuta l’attenzione generale, la deviava su di sé con un colpo da maestro: “è mia figlia, l’ho fatta io. Ed è anche bella!”

Lui, eterno brutto-ma-con-personalità-magnetica perché i suoi tratti erano male assortiti, quelli che ho ereditato io stanno bene solo assieme ai tratti di mia madre, aveva fatto una cosa bella col proprio materiale e ne reclamava il merito. È un caso che i due grandi amori della sua vita siano stati una dea e una fata? Non voglio impantanarmi abbastanza da averne le prove.

Fatto sta che una volta Alisa del Re invertì i fattori: “è tua figlia? Non avevo capito!”Poi la stoccata: mi guardò ammirata, apertamente. “Complimenti alla mamma.”

L’artefice non gradì.

Il tuo modo di dirmi che ero bella colmava le voragini lasciate dagli altri genitori, mi distendeva i muscoli, dilatava il respiro, come quando mi hai comprato i primi vestiti da ragazza, lisciato i capelli, hai gestito il mio menarca. Era un bacio di sole, gratuito come i tuoi abbracci.

A lungo non ho cambiato più foto profilo perché vedere la tua assenza di reazione mi avrebbe fatta sprofondare nelle crisi di mancanza che ogni tanto, sempre più raramente, mi prendono quando penso a te.

Mi si contrae tutta la faccia, tutto il corpo, mi corruccio come il cielo prima di un temporale, mi rannuvolo e piove, piove violento, per mezz’ora, ma a volte anche per ore, mi chiudo la bocca per il tuono che potrebbe uscirne, patetico, infantile: “mi manca la mamma, mi manca la mamma e lei se ne frega, mi manca la mamma e non è nemmeno mia madre.”

Ho evitato intere regioni per paura di quei temporali, vendendo vestiti e gioielli che mi hai regalato, smettendo di leggere o seguire Michela Marzano, di fare la tenerina, di guardare le foto dei tuoi gatti. Ma tanto arrivavano lo stesso, perché bastava il pensiero, e il fatto che fosse un bel pensiero, che non mi avessi lasciata con una lite o una parola sprezzante ma semplicemente te ne sia andata seguendo l’uomo che l’aveva fatto, era insopportabile.

In questo anno nuovo ho riletto Michela Marzano e cambiato foto profilo di WhatsApp.

Persone care mi hanno scritto che ero coraggiosa (leggere “volevo essere una farfalla” non è mai facile, specie quando per anni ha parlato di te) o che ero bella, e che la fotografa era brava. Non tu, non più.

In primavera indosserò anche i tuoi vestiti e cucinerò i tuoi dolci, e tu continuerai a tacere.

Ci sono sempre meno temporali, ma la pioggia è necessaria quanto il sole.

Autore: ventfille

Questo è un archivio di racconti e poesie, o lo sarà quando avrò imparato a padroneggiarlo (avete presente Talete, che camminava con gli occhi rivolti al cielo e quindi cadde nel pozzo? Il mio pozzo è informatico). Ho un volto e carne viva, ma non qui.

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